COMPLESSITA’ DELL’INCARICO E DESTINAZIONE D’USO DEL BENE

Ogni perizia estimativa può presentare gradi di complessità molto diversi: valutare un appartamento standard è un conto, stimare il valore di un complesso industriale storico o di un terreno edificabile con vincoli paesaggistici è un altro. La complessità tecnica dell’incarico incide direttamente sull’onorario, poiché determina la mole di lavoro, le competenze specialistiche richieste e le responsabilità assunte. Allo stesso modo, la destinazione d’uso e la natura del bene oggetto di stima (immobile residenziale, commerciale, industriale, rurale, opera d’arte, macchinario, ecc.) ne influenzano la difficoltà di valutazione. Ad esempio, una stima immobiliare per un’abitazione civile in zona urbana, con molti comparabili di mercato disponibili, sarà in genere più semplice (e meno onerosa) rispetto a una stima di un immobile a destinazione speciale (come un ospedale, un impianto produttivo o una chiesa storica), dove occorre considerare metodi valutativi complessi o dati di mercato scarsi.

Le norme sui parametri professionali riconoscono formalmente questa variabilità: il Parametro “G” di complessità nel DM 17/2016 viene individuato in funzione della categoria dell’opera e della sua destinazione funzionale​. In altri termini, opere (o beni) più complesse – spesso legate a destinazioni d’uso particolari – hanno coefficienti più alti che fanno aumentare il compenso base. Un edificio di grande importanza o complessità (es. un’opera infrastrutturale, un bene vincolato, un edificio con impianti speciali) viene inquadrato con un grado di complessità maggiore rispetto a un’opera semplice (es. fabbricato rurale standard). Anche senza addentrarsi nei calcoli parametrici, il professionista deve valutare attentamente i fattori di complessità specifici: ad esempio, la necessità di studi aggiuntivi (indagini geologiche, verifiche strutturali, analisi economico-finanziarie se il bene genera reddito), la presenza di vincoli normativi (vincolo storico-artistico, destinazione urbanistica particolare), la finalità della perizia (se è finalizzata a una transazione ordinaria o fa parte di un contenzioso complesso). Tutto ciò va discusso con il cliente e riflesso nell’onorario.

In particolare, la destinazione d’uso del bene spesso implica differenti metodologie estimative: valutare un immobile a uso commerciale comporta analisi (redditività, contratti di locazione) diverse da quelle per un immobile residenziale (comparazione di valori di mercato), e queste analisi extra richiedono tempo e competenza. Un esempio pratico: la perizia di un capannone industriale dovrà considerare impianti, macchinari, eventuali contaminazioni del suolo, mentre la perizia di un appartamento si focalizzerà su superfici, finiture e compravendite comparabili. È dunque ragionevole che il compenso peritale sia proporzionato alla complessità: a parità di valore stimato, un bene di difficile valutazione potrà giustificare un onorario più elevato rispetto a un bene di facile stima. Questa logica è in linea anche col principio, espresso nel Codice Deontologico di molti ordini professionali, secondo cui il compenso deve essere commisurato alla quantità e qualità della prestazione.

Nella pratica, quando si redige un preventivo per una perizia, è utile indicare se l’incarico presenta aspetti di particolare complessità o rilevanza della destinazione d’uso, motivando l’incidenza sull’onorario. Ad esempio: “Trattandosi di un immobile a destinazione commerciale con contratti di locazione in essere, la stima richiederà un’analisi locativa e finanziaria aggiuntiva, pertanto il compenso tiene conto di tale complessità”. In conclusione, complessità e destinazione d’uso sono fattori chiave per modulare l’onorario: vanno sempre considerati e fatti emergere con chiarezza, sia per giustificare la parcella al cliente, sia per assicurare un’equa remunerazione al professionista in relazione all’impegno profuso​.

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